Cesare Paciotti, rilancio 2017 anche dalla rete di negozi all’estero

«Abbiamo passato quattro anni molto difficili, questa crisi ha segnato profondamente la mia famiglia e le persone che lavorano per noi da tanto tempo. Ma ne usciamo più forti, anche grazie alla fiducia che ci hanno dimostrato i fornitori e le banche locali. Perché niente può cancellare oltre 40 anni di onesto lavoro artigianale e di correttezza imprenditoriale e personale».
Marco Calcinaro inizia così il racconto della rinascita dell’azienda che porta il nome del fondatore, Cesare Paciotti, specializzata in calzature artigianali al 100% made in Marche. Il 2016 sì è chiuso con un fatturato in crescita del 5% a 25 milioni e per il 2017 si prevede un aumento simile, con un ebitda positivo per circa un milione. Niente male per un’azienda che nel dicembre 2013 aveva fatto domanda di concordato preventivo al tribunale di Macerata e che aveva dovuto aspettare oltre due anni per una risposta: la richiesta fu respinta nel febbraio 2016.
«Abbiamo cercato di trovare un’altra soluzione e l’abbiamo trovata nell’articolo 182 bis della legge fallimentare, che contempla la presentazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori che rappresentino almeno il 60% dei debiti dell’azienda – spiega Calcinaro –. Nel nostro caso l’adesione dei creditori ha superato il 90% e le cinque banche alle quali dobbiamo dei soldi hanno mostrato grande collaborazione e flessibilità».
Alla base delle fiducia delle piccole e medie imprese fornitrici di Cesare Paciotti c’è la qualità del prodotto e la notorietà del marchio a livello internazionale. «Non abbiamo mai smesso di investire nelle collezioni e siamo riusciti a non interrompere la produzione – aggiunge l’ad –. Abbiamo tenuto aperto il monomarca di Milano, nel quadrilatero della moda, e continuato a presentare le collezioni durante le settimane della moda di Parigi. Un’ostinazione che viene dall’essere un’azienda famigliare: mia madre è Paola Paciotti, sorella di Cesare. Sono cresciuto in fabbrica e mio zio mi ha trasmesso la passione per l’artigianalità e la qualità. Per questo e per rispetto verso le 150 persone che lavorano per noi direttamente e alle circa mille dell’indotto, abbiamo resistito».
Un errore che Calcinaro non ripeterà è affidarsi troppo a un unico Paese: «Fino al 2014 il nostro mercato più importante era la Russia. Poi i consumi sono crollati e l’Italia, l’altro nostro mercato principale, non era ovviamente in grado di bilanciare la crisi russa». Fatto l’accordo sulla ristrutturazione del debito, Calcinaro può dedicarsi allo sviluppo commerciale: «Stiamo rafforzando la rete wholesale in Europa e guardando alla distribuzione in Asia e Cina, cercando partner locali affidabili, come succede in Medio Oriente, dove abbiamo otto negozi a insegna Cesare Paciotti in franchising». Senza fretta, verranno potenziate le collezioni di capispalla e accessori, in particolare le borse da donna, mentre le linee di calzature da bambino continueranno a essere date in licenza.
«Stiamo studiando il mondo digitale, sappiamo quanto sia importante per la comunicazione. Ma trovo banale, se non avvilente, limitarsi a pagare decine di migliaia di euro o dollari influencer e blogger per avere attimi della loro attenzione e qualche post. La nostra rinascita insegna che la cosa più importante, per un marchio, è la fiducia dei consumatori, che non si potrà mai comprare », conclude Calcinaro.
Tratto da Il Sole 24ore